
C’era un tempo in cui l’hotel in prossimità di un aeroporto era poco più di un dormitorio di servizio, una struttura utile, certo, ma priva di fascino con camere anonime, moquette ingrigite dal passaggio di trolley, reception chiuse a orari improbabili e un bar notturno che serviva caffè annacquati a viaggiatori insonni.
Negli ultimi anni mi capita spesso di riflettere su quanto la parola “formazione” sia diventata fragile nel turismo italiano. Si parla di competenze, di professionalità, di ricambio generazionale ma troppo spesso restano parole sospese, scollegate dalla realtà delle imprese.
C’è un luogo che in molti alberghi italiani vive a metà, sospeso tra potenzialità e abitudine è il ristorante interno, un reparto spesso considerato un servizio accessorio, un’estensione naturale della cucina che serve la colazione, le mezze pensioni e le cene dei clienti in casa.
C’è un’Italia che riluce d’oro e d’azzurro, un’Italia che investe, rinasce, e si trasforma sotto le insegne scintillanti di nuovi hotel a cinque stelle. Dalle spiagge della Versilia alle calette segrete del Salento, passando per la Riviera ligure, il litorale campano e la Sardegna, le località balneari italiane stanno vivendo una nuova stagione di metamorfosi turistica.